Romanzo scritto dal 1939 al 1940 e pubblicato in tedesco nel 1941, è la continuazione della vicenda di Pietro Spina, ripresa da dove era terminata in Vino e pane.
E’ ambientato nel 1935. Pietro Spina è ancora in Abruzzo, obbligato a nascondersi alla polizia fascista. Si muove in un vagabondare irrequieto, affannoso, in una sorta di appassionata frenesia liberatoria, per rivisitare il proprio retroterra familiare. I dialoghi si avvicendano numerosissimi. Pietro Spina ripercorre le proprie origini familiari, la figura del padre, il terremoto che gli ha ucciso la madre e in cui, adolescente, ha sperimentato l’abiezione dell’animo umano, gli studi, l’antifascismo e le scelte politiche, la salute malferma, le sofferenze e i sacrifici della nonna, verso la quale tutto il libro si può dire sia una manifestazione d’amore e di riconoscenza, l’unica per cui le scelte da lui fatte non sono state motivo di scandalo, ma che anzi capisce la sua pazzia di stare contro il governo e di aderire al partito degli operai.
Trova il rifugio dell’anima in un fienile, una casa all’aperto, dove, realizzando una sorta di comunità utopica, si prende cura di un povero sordomuto, Infante. Pietro Spina si sacrificherà per proteggere proprio Infante, la personificazione dell’ingenua vittima di ogni sopruso.
Il romanzo ebbe grande successo e diffusione all’estero.