Silone nasce nell’anno 1900 in una famiglia tradizionalista di piccoli proprietari terrieri della Marsica, in una società arretrata e patriarcale dove la povertà e le ingiustizie sociali sembrano naturali ed eterne. L’infanzia e l’adolescenza sono illuminate dalla dolcezza della madre e dall’ anticonformismo del padre che sente fortemente la pietà per i diseredati ed un bisogno di giustizia insoliti per l’epoca e il luogo.
A undici anni Silone perde il padre; a quattordici vive il devastante terremoto della Marsica che gli uccide la madre.
Non può restare in paese, in mezzo alle rovine del terremoto e a quelle che si preannunciano della prima guerra mondiale. Per riprendere gli studi ginnasiali in cui eccelle, è costretto a ricorrere all’assistenza e studiare come convittore in collegi religiosi situati in varie parti d’Italia. Ma dopo due anni non ce la fa più e, per non lasciarsi appannare dal gelo, dalle ipocrisie e dalle incoerenze tra principii ed azione, interrompe gli studi nei collegi dei preti e torna al paese natale. In un periodo adolescenziale già ricco di turbamenti naturali, invece di concentrarsi sulla propria condizione, sulla propria sopravvivenza, trova la forza di compiere una diversa ed altruistica scelta morale.
“…vorrei essere in un ambiente isolato, ma ho in me un fuoco irresistibile che mi spinge a far del bene e vorrei essere in mezzo al mondo.” (Dal Collegio, Reggio Calabria, ottobre 1916)
Il giovane Silone fin da piccolo aveva visto che tanti in paese vivevano assai poveramente e ne aveva provato grande compassione. Ora che con il terremoto e con la guerra la povertà è ulteriormente aumentata, una volta contestata la morale clericale della “rassegnazione” e della “carità”, vede nel socialismo l’unica possibilità di modificare le ingiuste condizioni sociali dei “cafoni”. A diciassette anni scrive sul quotidiano socialista L’Avanti articoli di denuncia della corruzione edilizia nella ricostruzione del terremoto. A diciotto anni si trasferisce nella capitale dove, in brevissimo tempo, senza mezzi, ma grazie al suo attivismo, alla sua forza di carattere, ad un’intelligenza lucida e una solida base culturale, diventa il leader della gioventù socialista.
In un dopoguerra segnato da dirompenti lotte politiche e sociali e dal dilagare della violenza dello squadrismo fascista contro i sindacati e contro il partito socialista, Silone – sempre in prima linea nell’azione di partito e nell’attività giornalistica – si colloca sulla linea rivoluzionaria affermatasi in Russia: pochi anni dopo la sua scelta di vita “per gli altri”, nel 1921 partecipa alla fondazione del Partito comunista italiano, di cui diventerà ben presto uno dei più elevati dirigenti, proiettato a livello dell’Internazionale e, quindi, spesso in viaggio in vari Paesi europei ed in Russia. La sua vocazione non è, in questo momento, quella dell’intellettuale – che pure gli è congeniale e da tutti, compreso Gramsci stesso, nel Partito riconosciuta – ma quella del dirigente di partito che, con il massimo rischio, sceglie di agire concretamente contro il regime fascista, continuamente braccato dalla polizia. La sua dura vita di militante antifascista entrato nella clandestinità ed i molteplici viaggi all’estero, sono documentati negli archivi del Partito comunista in Italia e in Russia, nei libri di storia politica, e nelle testimonianze di coloro con cui ha condiviso gli avvenimenti dell’epoca.
Dopo le leggi speciali emanate dal regime fascista nel novembre 1926, Silone, ricercato con mandati d’arresto da parte della polizia, opera clandestinamente nel nord Italia e, dal 1927, all’estero; sino a che, alla fine del 1929, già espulso da altri paesi europei, si rifugia in Svizzera.