Il teorema Silone=spia

“Character assassination”, ovvero come distruggere una persona per screditarne le opinioni, altrimenti inattaccabili.  Il nuovo “caso Silone” è paradigma del “character assassination”.

Sandro Botticelli, La calunnia (particolare), Uffizi, Firenze

  1. Il postulato poliziesco-archivistico secondo cui ogni  informazione ignota è sicuramente di Silone

 

Fin dal 1996 è in atto una campagna mass-mediatica in Italia e all’estero in appoggio alle accuse da parte di due storici (Dario Biocca e Mauro Canali), secondo i quali Silone sarebbe stato una spia dal 1919 al 1930:  il che significherebbe – per chi conosce la vita di Silone – che sarebbe stato,  dai diciannove ai ventun anni,  un infiltrato della polizia nel Partito Socialista mentre raggiunge il rango di leader nazionale dell’organizzazione giovanile;  poi, fino ai trent’anni, accusato di essere stato “la più formidabile spia dei fascisti annidata nel Partito Comunista”, mentre è ai  vertici del Partito di cui dirige  le attività clandestine in Italia e all’estero.   (Tralasciamo le accuse di spionaggio che avrebbe perpetrato in seguito, cioè, durante la Seconda Guerra Mondiale a favore dell’OSS, e   durante la Guerra Fredda  per la CIA:  Silone come  un “serial” spione).

Il teorema,  di per sé costruito con azzardate congetture basate su carte equivoche della polizia fascista,    non spiega perchè il fascismo, dopo  Fontamara  (la pubblicazione di Fontamara nel 1933 fu “un avvenimento eccezionale, con la vendita di oltre un milione e mezzo di copie, in 27 lingue;  il romanzo galvanizzò l’opinione pubblica contro il fascismo”,  ricorda nel 2000 Alexander Stille) e in seguito, dopo gli altri suoi romanzi e scritti, tutti antifascisti,   non lo denunciò pubblicamente come ex-spia ma anzi ne proibì i libri in Italia, e, attraverso  l’OVRA, la propria polizia politica,  lo spiava costantemente in modo ravvicinato e studiava le opportunità per eliminarlo fisicamente.  Quale regime potrebbe tollerare gli attacchi pubblici di  un suo ex-informatore?

Ma la campagna mass-mediatica viene alimentata dalla perentorietà, dalla supponenza con cui gli accusatori etichettano come  “Silone scrive” una miriade confusa,   svolazzante come sabbia negli occhi,  di messaggi  documenti rapporti anonimi,  non riferibili in alcun modo a Silone.  Il  metodo adottato confonde  il lettore medio,   il quale, intimidito perché non ha mai messo piede in un archivio, non osa dubitare di  apparentemente-dotte-autoreferenziali ricerche nei misteriosi e sconosciuti meandri archivistici.  Passi allora per il  lettore medio,  ma l’accettazione senza porsi domande è stata epidemica anche tra persone  più smaliziate ed esperte.  Gli accusatori insistono a voler dimostrare l’autenticità dei documenti:  ma è la loro attribuzione a Silone che viene contestata.

Lo storico Giuseppe Tamburrano, senza lasciarsi condizionare dal dominante conformismo anti-Siloniano,  ha analizzato uno per uno i documenti dell’accusa e,  mediante accurate ricerche archivistiche e documentate controprove,  assieme a  Gianna Granati e Alfonso Isinelli,  ha dimostrato che tutti i documenti su cui si basa l’accusa non riguardano affatto Silone  (Processo a Silone, La disavventura di un povero cristiano, Lacaita Editore, Roma 2001).  I documenti attribuiti dagli accusatori a Silone sono una serie di messaggi dattilografati o con calligrafie varie, spesso senza mittente, oppure con una varietà di  mittenti diversi, dal contenuto generico, non corrispondenti affatto ai movimenti di Silone.  Tamburrano  riporta la  questione alla sua vera sostanza, cioè al tentativo, più volte documentato nelle stesse carte della  polizia fascista,   da parte di Silone, di fingersi informatore,  subito dopo l’arresto del fratello,  nel tentativo  di salvargli la vita.

Pochi altri hanno difeso Silone in Italia e all’estero.

Michael McDonald, italianista americano, ne Il caso Silone, su The National Interest, 2001, analizza tutti gli elementi  di quest’ultimo Caso Silone;   ricorda che la storia politica e personale di Silone è, di per sé,  sufficiente a mettere a tacere le accuse, le quali  si rivelano  un  “travesty of scholarship”, a fronte della difesa di Tamburrano (infra: In perspective).

Vittoriano Esposito, critico letterario, grande conoscitore delle opere di Silone,  in Ignazio Silone, ovvero Un “caso” infinito, Centro Studi,  Pescina, 2000, documenta la tendenziosità e l’insussistenza delle accuse riproducendo i dossiers della polizia fascista su Silone.

Francesco Sidoti, docente universitario di criminologia,  ha evidenziato i gravi errori metodologici delle teorie accusatorie.  Gli accusatori,  muovendo da un’ipotesi precostituita, con un vero e proprio “procedimento indiziario” all’italiana,  hanno assunto come indizi, meri pregiudizi, proclamandoli “prove”.  (Il processo a Silone, in Mondo Operaio, luglio-ottobre 2001).

La vita di Ignazio Silone, più che su carte oscure “interpretate” scandalisticamente e su artificiose congetture, stridenti con le evidenze storiche globali, risalta  nei pubblici scritti politici, suoi e dei suoi contraddittori;  nelle testimonianze, palesi o private, di quanti l’hanno frequentato o contestato;  nelle stesse sue dichiarazioni, memorie, ricordi; e, perfino nei protagonisti positivi, gli “eroi” socialisti o cristiani, dei suoi romanzi.  Del resto la stessa metodologia storiografica avverte che, spesso i “documenti”, apparentemente neutrali, (che nel caso del teorema Silone=spia sono addirittura falsi)  sono più fuorvianti dei “monumenti” e degli scritti provenienti dal soggetto biografato.

La polemica scandalistica innescata dai cultori della Storia fatta con il Verbo ritrovato negli archivi delle polizie politiche, ha messo in evidenza anche il folto gruppo  dei falsi difensori secondo il ragionamento dei maledetti tre quarti e tre quarti, con cui l’acqua di Fontamara, come nota Silone, di fatto dirottata in favore del potere dominante, è ipocritamente equilibrata a parole. Silone, per coloro che ritengono inopportuno contestare il teorema para-poliziesco, resterebbe per tre quarti un esemplare scrittore e uomo politico di sinistra e per i restanti tre quarti uno spione sin dal suo ingresso nella vita politica, che si è però redento  nell’opera letteraria e nell’attività saggistica. Il coraggio morale e l’integrità che recentemente anche Maria Nicolai Paynter ha visto nel messaggio di Silone sarebbero  una ulteriore mistificazione, un  colossale inganno.

 

 

  1. Il corollario psicanalitico-letterario secondo cui
    Silone ha coperto i suoi tradimenti autoesaltandosi
    nei romanzi

 

A sostegno  della dimostrata inconsistenza archivistica e  unilateralità storiografica del   teorema accusatorio para-poliziesco,   sono stati creati una serie di  corollari, sul versante psicoanalitico e psicologico.

Non avendo trovato alcun movente plausibile (come ammesso gli stessi accusatori – ma come si può trovare una motivazione per qualcosa che non esiste?) si ricorre a  problemi psichici e sessuali, a squilibri mentali inspiegabili, a sommovimenti imponderabili. La sua vicenda personale di rischiosa, continuata e pubblica lotta e testimonianza contro tutti i totalitarismi nasconderebbe una iniziale schizofrenica miserabile esistenza di giovane spia e di informatore.

E’ il caso di una studiosa nordamericana (Elizabeth Leake) che, con abbondante ricorso alla metodologia psicoanalitica ma con scarsa conoscenza del contesto storico e letterario, e nessuna conoscenza della vita reale di Silone, parte dal teorema indimostrato Silone=spia (che almeno si fermava al 1930) per dimostrare che invece Silone dal 1930 al 1978, data della sua morte,  aveva continuato a perpetrare  tradimenti questa volta a livello mondiale.

Secondo l’accusatrice di rincalzo, Secondino Tranquilli, traditore da sempre (per motivi abietti, risalenti a tare ereditarie fisiche e psichiche), dopo la rottura del rapporto (“si mormora” fosse anche erotico) con il questore fascista Guido Bellone – rottura che “rappresentò l’evento più significativo e drammatico che non la sua espulsione dal Partito Comunista Italiano nel 1931 o la morte del fratello nel 1932”, (sulla cui tragica fine avrebbe anzi avuto un “influsso malvagio”) –  avrebbe “reinventato la propria identità creando attraverso le opere letterarie un Silone fittizio con cui  autoesaltarsi”, creando una icona falsa di sè, in tutta tranquillità perchè “con la morte del fratello” non c’era più nessuno in grado di “testimoniare o contraddire le sue storie”.

Silone avrebbe inventato una immagine artificiosa di politico e di intellettuale per costruire il monumento di sé, perseverando a livello letterario in una vita di truffe e “malvagità”  causate da tare mentali e fisiche  ereditarie.

La pazzesca ricostruzione afferma poi che Silone, vero e proprio Cagliostro politico del XX secolo, in Uscita di sicurezza,   non avrebbe scritto del sé autentico ma avrebbe copiato dalle versioni della sua vita che si era inventato per i romanzi.    E’ inutile ricordare qui che Silone  cita persone, fatti e date, senza che nessuno dei contemporanei lo abbia mai smentito.

Avventurandosi senza ritegno alcuno nella interpretazione psicoanalitica dei primi  scritti di Silone, la nuova accusa sostiene anche che Silone, nel mettere sullo stesso piano fascismo e comunismo come facce opposte del totalitarismo, avrebbe fatto un’operazione di nobilitazione del fascismo.   

“L’invenzione” della sua  personale leggenda antifascista, sarebbe stata compiuta da Silone per coprire il suo viscerale anticomunismo di sempre ed il suo  peccato originale dell’infiltrazione nel socialismo massimalista prima e nel Partito comunista poi. Si scrive infatti di un “lato oscuro” di Fontamara.  La tesi di un  Fontamara  antifascista per finta, è stata recentemente ripresa ed  ampliata da un autore australiano secondo il quale l’opera sarebbe in realtà un romanzo anticomunista.  Chiunque ha veramente  letto  Fontamara  sa che l’opera “è” la situazione politica italiana sotto il regime fascista, e con essa  Silone si è opposto apertamente al fascismo trionfante nel periodo in cui il fascismo stava ottenendo il consenso della massa degli italiani.

 

 

  1. Il postulato poliziesco-archivistico e il corollario
    psicoanalitico-letterario chiudono gli occhi di fronte
    alle pubbliche lotte politiche sostenute da Silone

Ma come può un’analisi psicanalitica di un personaggio come Silone, con le sue implicazioni nella politica e nella letteratura,  prescindere  dalla storia dei partiti fascista e comunista, dalla storia d’Italia, dalla letteratura italiana,  ed addirittura  dalla vita stessa di Silone, su cui vengono riportate date e circostanze errate o distorte (infra: Silone reinvented).

 

Silone era un militante socialista italiano nell’età del fascismo, allenato a vivere nelle difficoltà materiali, aduso al rigore della militanza clandestina, in grado di sopportare persino le prigioni dell’epoca, e non un proprietario terriero mitteleuropeo decadente che si è ritirato a vivere in Svizzera.  Secondo la nuova accusa invece, Silone, dopo l’episodio più traumatico della sua vita – la rottura del rapporto con il Commissario fascista – si recherebbe in Svizzera perché qui può trovare i migliori ospedali per curarsi i malanni fisici ereditari ed il miglior psicanalista al mondo per risolvere i problemi mentali, anch’essi ereditari,  e farsi insegnare a scrivere  un romanzo di successo:  per esempio,  un Fontamara !

Gli accusatori di Silone ritengono che tutte le impostazioni ideologiche di Silone, il Silone – tanto per citare qualche esempio – de La scuola dei dittatori, il Silone politico, il Silone antifascista, il Silone del Centro Socialista in Svizzera, il Silone dell’Assemblea Costituente, il Silone direttore dell’Avanti, il Silone uomo politico che si contrappone ad un comunismo rimasto ancorato allo stalinismo, sono tutte determinate da pulsioni psichiatriche, da deviazioni mentali.

E’ di tutta evidenza che Silone,   antifascista da sempre e ostinato antistaliniano mentre Stalin governava e terrorizzava l’Internazionale comunista, fa un gioco pubblico:  ha un nome da sempre e si chiama lotta e morale politica.  C’è poco da fare giochi di prestigio psicoanalitici.  Basterebbe conoscere la vita di Silone e l’epoca storica in cui si è trovato a vivere.

 

  1. Secondo corollario psicoanalitico-letterario:Silone si
    confessa nei personaggi abietti e minori dei suoi
    romanzi

 

Il teorema accusatorio è stato anche proposto dai denunciatori allegando come “prova” la presunta confessione di Silone.   E’ inutile perdere tempo in chiacchiere perché Silone  si è finalmente deciso a confessare!  Ebbene sì, è stato  scritto, Silone avrebbe confessato chiaramente nelle sue opere,  riferendo a se stesso termini come  tradimento,  pazzia.  Ma non è tutto.  Silone avrebbe addirittura lasciato il proprio (bieco) autoritratto in un personaggio dei suoi romanzi, l’informatore Murica di Ed egli si nascose,   già in Vino e pane.  In Murica ci sarebbe la confessione della vicenda stessa dell’autore, non più criptica visto che finalmente è stata decifrata!

Autore che, è bene ricordarlo, ha sempre definito come fenomeno d’incultura che permane non solo tra gli analfabeti, ma anche tra i professionisti e le persone istruite,  la tendenza paesana a […] riconoscere ogni personaggio e ogni luogo.

Surrogare alle prove storiche inesistenti e supplire all’illogicità della propria tesi colpevolista,  estrapolando una frase dal contesto o scegliendo  un personaggio non principale  tra gli oltre trecento dei  romanzi di Silone,   richiede una replica sullo stesso piano.

La prova “psicologico-narrativa” dell’ipotetica implicita autoconfessione del giovanile tradimento da parte di Silone è, infatti,  inconcludente e infondata anche sotto il profilo psicologico e della critica letteraria.

L’approfondita analisi storico-letteraria fatta da Luce d’Eramo (L’opera di Ignazio Silone, Mondatori, Milano 1971) riporta varie opinioni espresse nel corso degli anni da studiosi, critici, letterati, politici di mezzo mondo, sulla somiglianza dei protagonisti dell’opera di Silone con l’autore stesso,  a cui Silone non ha avuto niente da  obiettare.  Anzi, Silone non ha mai  nascosto,   e lo ha scritto a varie riprese,  che nei protagonisti dei suoi libri sono riconducibili tratti dell’autore.  Ma l’opinione comune non dimostrerebbe di per sé niente.  Se non che, diversamente, avrebbero tutti dovuto negare l’evidenza, cioè le oggettive  somiglianze, visto che con i protagonisti dei suoi romanzi – che per lo più si svolgono tra le montagne e gli uomini d’Abruzzo – Silone, oltre alle esperienze politiche,   ha in comune del tutto od in massima parte, i dati anagrafici, le origini,  i legami familiari (anche se spostati da un ramo all’altro), la descrizione fisica, i luoghi della vita,  gli studi, lo stato di salute, le opinioni e le esperienze politiche con  i viaggi in Italia e all’estero.  Non v’è nulla di arbitrario nel cogliere i nessi ed i reciproci riflessi tra i protagonisti della finzione e l’autore, intellettuale-politico chiaramente connotato dalle sue riconoscibilissime vicende personali e familiari (supra: Cronologia).

 

 

  1. Il nuovo canone psicoanalitico-letterario per cui  i
    valori sostenuti da Silone tramite i protagonisti sono
    falsi
    e, viceversa, sono veri quelli degli antagonisti:
    il mondo alla rovescia

 

  Veniamo alla presunta confessione di Silone attraverso la vicenda del traditore Murica, rappresentato  in Vino e pane in contrapposizione a  Pietro Spina.    Nella definizione del  personaggio di Murica non c’è nulla che ricordi la reale vicenda di Silone.    Murica ha entrambi  i genitori viventi,  ha fatto studi universitari, ha un lavoro, manca di autentica vocazione politica, ha paura degli sbirri e della prigione, è un debole di carattere.  Pietro Spina ha caratteristiche note a  chiunque  conosca la vita di Silone: è orfano,  gli sono rimasti la nonna, gli zii, da ragazzo ha lasciato il collegio, è antifascista, è stato in esilio,  è intriso di passione politica,  ha la sicurezza delle proprie idee.   Per Pietro Spina la definizione di un  personaggio come Murica  è quella di   “schifosissimo traditore”.  Murica  e Cefalù de La volpe e le camelie sono esemplari di  spie fasciste che Silone rappresenta nei suoi romanzi (sia Murica che Cefalù  finiranno male).

Nel complesso dei  suoi scritti poi,  se non ci si limita ad estrapolare qua e là una parola, si capisce bene cosa intende Silone per   tradimentopazzia .

La frase “Dio aiutami a vivere senza tradire” è estrapolata dal suo contesto nel tentativo di travolgerne il significato originale e dimostrare invece l’innata propensione di Silone al tradimento fin dall’adolescenza. Leggendo, invece, l’intero brano (Uscita di sicurezza)  si capisce bene che Silone sta ricordando e giudicando  invece  con sgomento quello che vedeva  tutt’intorno a sé,  nei collegi dei preti che frequentava da adolescente, cioè  la propensione al tradimento degli ideali da parte degli altri, cioè  degli insegnanti e degli allievi.

La pazzia, come si evince chiaramente e ripetutamente dai suoi romanzi,  è la pazzia del rivoluzionario di professione.

 

 

6. Nei romanzi Silone non lancia messaggi cifrati:
fa apertamente propaganda alle proprie idee
nel momento storico in cui lotta per esse

 

 

Realtà e narrazione  sono  in Silone e nelle sue opere perfettamente parallele, poste nello stesso ordine e con la stessa  semplicità: da un lato il protagonista-autore (di volta in volta Pietro Spina, Tommaso il Cinico, Rocco De Donatis, Andrea Cipriani, Celestino, senza tralasciare il Solito sconosciuto e Agostino) e dall’altro gli  antagonisti (imprenditori furbi e senza scrupoli; burocrati di opposti apparati; dignitari ecclesiastici  e di partito;  il piccolo-borghese traditore dei compagni, Murica;  il cafone inurbato comprato dal potere, Peppino Goriano, ecc.).  E’anche facile ritrovare le evidenti coincidenze, ad esempio,  tra i personaggi di Berardo, Stella, la nonna paterna Maria Vincenza, la tessitrice,  e  persone realmente esistite come Romolo, Gabriella,  la nonna materna, la madre, mentre il padre è sempre ricordato direttamente.

In questo modo appare del tutto naturale – come nella trama della tessitura di una coperta abruzzese –  collegare il filo colorato di un ricordo familiare  allo stesso colore del capo di una vicenda romanzata o di una testimonianza:  l’intreccio è  tutto accuratamente riscontrabile sulla oggettiva cronologia della vita (infra: Cronologia).

Silone non è un pittore del Rinascimento italiano che inserisce il suo autoritratto tra le figure laterali dell’opera.  Silone è uno scrittore che trasfigura le sue fortissime idee e passioni politiche, i suoi moti d’animo,  le sue vicissitudini personali nel protagonista centrale di ogni suo romanzo, che, in tal senso, non è affatto un’opera oggettiva o post-veristica.  Silone prosegue nella forma del romanzo la sua “canzone” o programma politico, iniziato in forma di militanza partitica.

I suoi romanzi costituiscono una  reale autobiografia per le copiose oggettive coincidenze di avvenimenti, situazioni ed esperienze, ma  sono anche, nella trasfigurazione artistica,   la continuazione,  rivissuta nell’intreccio dei racconti  e realizzata nella tensione morale, delle stesse lotte e dei programmi politici che lo hanno impegnato e fortemente segnato, nella dura realtà di una inequivoca esistenza, sempre cristiana e sempre socialista.  L’uomo Silone, il politico, lo scrittore sono inscindibili.

La vita e le  opere di Ignazio Silone, tessono, quindi, senza alcun artifizio, un’unica tela, in cui i fili d’ordito delle opere si intrecciano con il filo continuo della sua vita.

maggio 2005                                         Maria Moscardelli