Arriva il 1931. E’ un anno fondamentale per Silone, è l’anno cruciale dei cambiamenti.
A giugno cade per il fratello l’imputazione di tentato regicidio e strage: Romolo viene condannato dal Tribunale speciale fascista ‘solo’ per “appartenenza al partito comunista illegale e per attività sovversiva”. Silone adesso può cominciare a sperare di rivedere un giorno il fratello al termine della carcerazione.
A luglio può finalmente farsi espellere dal Partito. Nonostante restino tutti i problemi contingenti, si sente sollevato perchè è finalmente fuori dalla contraddizione morale per lui insopportabile di un’ideologia comunista ormai sottomessa alla ragion di Stato del totalitarismo sovietico e di una squallida prassi opportunistica del Partito comunista italiano.
Silone è libero di dedicarsi agli interessi culturali che ha sempre sentito congeniali alla sua natura – anche se, come vedremo, dopo una decina d’anni si getterà di nuovo nella politica attiva, che, poi, anni dopo in Italia lascerà di nuovo per tornare alla cultura e alle opere letterarie.
Trascorre buona parte dell’anno tra Davos e la residenza di Comologno, “La Barca”, dove ha accettato l’ospitalità, come altri esuli antifascisti, nella casa di proprietà della coppia di antifascisti svizzeri formata dall’avvocato Wladimir Rosembaum e dalla pianista, traduttrice, scrittrice, Aline Valangin, una bella donna bruna quasi mediterranea. La coppia, in crisi da anni, pur continuando a vivere insieme e a condividere gli stessi interessi culturali, si comporta socialmente come una coppia aperta. La Valangin scriverà nelle sue memorie che il marito, divenuto famoso dopo un difficile processo, era sempre “insieme con altre donne e dava spettacolo. Tutti lo ammiravano. […] Lo vedevo appena e lui aveva anche dei modi molto sgarbati con me. Avevo sperato che una volta finito questo processo che lo aveva totalmente assorbito per gli ultimi due anni, tant’è che lui mi vedeva appena, lui sarebbe tornato da me e che avremmo potuto provare a ricostruire la nostra vita insieme […] Pensavo che con un successo così grande lui si sarebbe accontentato e si sarebbe calmato, ma mi sbagliavo.”
“La Barca” a Comologno, un rifugio dell’emigrazione intellettuale, un cenacolo culturale, da cui passano Thomas Mann, Joseph Roth, Ernst Toller, è il luogo che, come scriverà Silone nel piccolo racconto La Genèse, “attira uomini di tutte le razze e di tutte le religioni. Cancella le differenze tra cinesi e russi, italiani e tedeschi, ebrei e cattolici” (dicembre 1931). Silone stabilisce legami di affinità intellettuale con il variegato mondo degli esuli politici.
Aline Valangin, più grande di undici anni, è la seconda donna che segnerà la sua vita: Silone vive una breve ma intensa relazione con questa raffinata intellettuale internazionale nel periodo in cui gl’interessi artistici e culturali prendono il sopravvento.
Nelle sue memorie Aline Valangin ricorda l’occasione del primo incontro con Silone. “Un amico di famiglia conosceva un giovane esule che era appena arrivato a Zurigo proveniente da Davos per vedere se qui sarebbe riuscito in qualche modo a sopravvivere. Era un fervente antifascista, espatriato dall’Italia da ormai parecchio tempo per agire dall’estero contro Mussolini. Un comunista. Gli abbiamo fatto sapere che avrebbe potuto insegnare italiano a nostro nipote, se questo lavoro non gli sembrava troppo al di sotto delle sue attese. Lui aveva accettato e così lo aspettavo un pomeriggio per discutere delle lezioni da impartire. […] Mi avviai verso il salone […] con un sorriso sulle labbra. Grandi occhi, un po’ affaticati, mi scrutavano. Diventai immediatamente seria. Questo non era un uomo qualsiasi. La sua voce era opaca, tossiva leggermente, era formale, a distanza, ma le mie vibrazioni, che allora non capivo, mi avvertivano che qualcosa stava per accadere. Ci siamo messi a discutere sul come impostare l’insegnamento […] Tranquilli era fiero e per niente pronto a servire. Veniva però con coscienza per un certo periodo. Tentava anche di insegnarmi lo spagnolo. Parlavamo per delle ore, discutevamo e ci raccontavamo. Lui raccontava con molta vivacità. Così ho imparato a conoscere le condizioni di vita nella sua terra d’origine, gli Abruzzi e molti particolari della sua dura vita, come poi racconterà nei suoi libri. Litigavamo spesso. Non sapevo che sotto sotto lo incoraggiavo in uno dei suoi desideri profondi e cioè la voglia di lasciare il partito comunista, il che poi ha fatto. Giudicavo senza sapere nulla di politica, soltanto col mio buon senso […] Parlavamo di noi, delle nostre speranze e dei nostri rispettivi dolori. La nostra relazione era per me molto esclusiva. Se non lo vedevo per un giorno, quel giorno per me era un giorno perso. Ci siamo anche scritti molto. […] Ma tutto sommato non ha manifestato pienamente i suoi sentimenti per me. Era molto intelligente; e mi considerava comunque sempre una piccola borghese, una nemica di classe […] Si esprimeva molto meglio nei suoi scritti. Ho ricevuto lettere da lui che avrebbero fatto la felicità di qualunque donna. Gli ho rimandato una delle sue lettere, un inno all’amore, nella quale mi lodava come la Madonna; non potevo sopportarla; era troppo, troppo fantastico, troppo bello. […] Lui era sempre in preda a pensieri penosi, sentivo di non appartenere al suo mondo, al suo destino. Non riusciva assolutamente a concepire che un uomo potesse essere così generoso nei miei confronti e lasciarmi vivere questa esperienza, questa nostra esperienza. Ma nello stesso tempo era geloso. […] Ero così sicura della nostra relazione, e non esisteva niente e nessuno per me fuori di lui. Tutto ciò che riguardava lui, riguardava anche me. Non mi sono mai sentita così leggera nell’ardente presente né mai più mi sarei sentita così nel futuro.”
Una sera Silone, che allora viveva in una camera spartana presso un comune amico, Viktor Schlatter, ebbe una crisi emorragica che lo costrinse ad un ricovero in ospedale. Quando uscì, trascorse un periodo di convalescenza a casa dei Rosenbaum, dove la Valangin si dedicava alla musica, alla psicologia, alla letteratura.
E’ proprio durante il 1931 che Silone fonda con un gruppo di intellettuali un mensile politico-culturale antifascista in lingua tedesca, Information, che inizierà le pubblicazioni l’anno dopo e al quale collaboreranno artisti e architetti della Bauhaus e scrittori come Rudolf Jakob Humm, Ernst Toller e Jean Paul Samson.
E’ durante il 1931 che termina di scrivere Der Fascismus.
E’ nell’inverno del 1931 che termina di scrivere Fontamara.
Aline Valangin ricorderà: “Il suo primo libro l’ha mostrato a me; sono stata la prima a leggerlo. Era Fontamara. Io lo trovai fantastico. Lo scrisse in parte a casa mia, in parte a Davos, dove rimase a causa della malattia polmonare”. La relazione tra Silone e Aline, che non è un segreto per nessuno, durerà poco più di un anno. La rottura avviene quando Silone viene a sapere che Aline, dopo essere stata vista anche da altri mentre scambiava effusioni in pubblico con il già famoso scrittore svizzero R.J. Humm, lo aveva anche invitato a raggiungerla da solo a Comologno. Le tragedie personali e le insicurezze del profugo scateneranno una tremenda crisi di gelosia e le scriverà allora delle lettere durissime fra cui una nella quale si esprimerà con accenti non dissimili da quelli che userà otto anni dopo in una pagina de Il seme sotto la neve:
Egli si china verso di lei, l’abbraccia e bacia.
“Hai uno strano odore” dice Pietro avvicinando la faccia alla sua capigliatura. “Un odore antico, l’odore di cui parlano i libri sacri, l’odore delle fanciulle cristiane dissepolte dopo secoli, e trovate intatte.”
“Un odore di sepolcro? Pietro, che dici? Un odore di cadavere?”
“No anzi. Un odore di nardo, di violette, di limone.”
“Un odore di morte?”
“No, di risurrezione, di primavera.”
Nonostante la fine traumatica del loro legame, che per Aline sarà “indimenticabile”, resteranno in ottimi rapporti e si rivedranno anni dopo in Svizzera ed anche a Roma. Aline Valangin, una costante grande estimatrice della qualità letteraria di Silone, alla morte dello scrittore ha fatto pubblicare nell’ottobre 1978 in Svizzera, in edizione a tiratura limitata, in serigrafia, La Genèse, novella (firmata Secondino Tranquilli) scritta in francese il 23 dicembre 1931 a Zurigo.
“Il suo primo romanzo è stato veramente pubblicato grazie a me”, dichiarerà la Valangin. In effetti è stata proprio la Valangin a trovare l’editore disposto a pubblicare Fontamara.
Nella primavera del 1933, Fontamara viene pubblicato in Svizzera, in tedesco. Il libro è dedicato a Gabriella, fedele compagna della sua militanza comunista, e a Romolo, il fratello amatissimo morto nelle carceri fasciste nell’ottobre 1932.
Il romanzo in cui Silone ha messo la quintessenza di sé e della contrada nativa, la sua solidarietà con i contadini e le vicissitudini del fratello, avrà un successo strepitoso e Silone otterrà la notorietà internazionale.
Se si guarda alla vita di Silone fino all’uscita di Fontamara, si può ben dire che due donne lo hanno salvato, Gabriella dalla solitudine umana e dall’alienazione della vita di Partito; Aline, dal vuoto di un’esistenza arrangiata dopo la morte degli ideali politici nei quali aveva riposto le speranze di una vita e per cui aveva sacrificato tutto. Per la spinta di entrambe, dall’iniziale sfacelo esce Fontamara: nella trasfigurazione dell’arte Silone torna a vivere. Dalle vicissitudini personali, dalle violenze fasciste contro i contadini, dalle vicende di cui è stato testimone, dal fallimento della militanza partitica attiva, dalle sofferenze vissute interiormente, nasce, nella universalità della creazione artistica, un’opera che viene letta e tradotta in tutto il mondo.