E’ l’ultimo lavoro completo – in forma teatrale – pubblicato nel 1968, dieci anni prima della sua morte.
E’ la storia del monaco Pietro Angelerio che, divenuto Papa nel 1294 con il nome di Celestino V, abdicò pochi mesi dopo.
Silone vede nel “ gran rifiuto” di Celestino V ad esercitare il sommo ruolo religioso la contestazione dell’apparato ecclesiastico (come di ogni altro potere politico). Denunzia, quindi, l’inevitabile tradimento delle idee fondanti da parte di ogni istituzione sociale (Partito, Stato, Chiesa ecc.).
Celestino è rappresentato da Silone come un pazzo sapiente, coraggioso ed eroico, che – scoperta l’impossibilità pratica di conciliare l’esercizio del potere con gli ideali – si allontana dal potere stesso e preferisce orientare la sua missione sulla testimonianza culturale e di vita.
Celestino, ha avuto “due vocazioni, e tutte e due di una forza eccezionale, direi quasi irresistibile: quella dell’eremita e quella del pastore; due vocazioni è capitato anche ad altri e può essere principio di grandi dolori. E’ una grazia che può diventare una disgrazia; in gioventù […] da pecorai e altri poveracci […] udiva racconti raccapriccianti sulla miseria, le ingiustizie, le prepotenze, le nefandezze dei nobili, […] e anche sull’ignavia, la complicità, la corruzione del clero secolare […] Arrivò il giorno in cui […] non ne poté più […] Finalmente si decise di scendere al piano e di riunire gli amici. Contro ogni previsione, anche nel nuovo compito, egli rivelò doti pratiche straordinarie.”
Celestino si dimette per tornare alla libera e disinteressata manifestazione di fede e utopia religiosa; Silone si fa espellere dal Partito comunista in nome di un’utopia politica.
Alla fine, Celestino torna in montagna e Silone si ritira a vivere da solo.
Con la vicenda di Celestino V, personaggio esistito storicamente, si conclude la parabola finale della vita di Silone.
Dopo aver sintetizzato i personaggi delle sue opere precedenti, dai compagni di milizia clandestina ai leader di partito e riassunto le sue idee, dalle scelte politiche alla speranza riposta solo nelle piccole comunità, al di fuori dei grandi apparati, alla fine, rimasta valida la morale del socialismo cristiano, Silone, rifiutata la politica e tutte le cariche, resta a vivere solitario, come fosse completamente e profondamente solo in un mondo estraneo.