Romanzo scritto tra il 1929 e il 1931 in Svizzera, viene pubblicato nel 1933 in tedesco.
Silone, che sta per uscire dal Partito comunista (formalmente fuori nel 1931, ma già in crisi politica da alcuni anni) intende rievocare i motivi originari del suo antifascismo e del suo impegno politico rivoluzionario: portare la giustizia di uomo istruito ai contadini mantenuti per secoli ignoranti dei loro diritti e continuamente beffati per la loro ingenuità – nonostante cerchino solo di farsi i fatti propri – dalle autorità, dai preti, dai benpensanti.
La vicenda è ambientata in Abruzzo, nella sua contrada natale, pur se ricreata dalla sua fantasia di esiliato. Silone rivive la vita degli abitanti del paese natale durante il regime fascista, negli anni della sua militanza clandestina nel Partito comunista, quando tornava al paese di tanto in tanto; ed in seguito dopo la sua partenza per l’esilio.
Nel romanzo corale sulla condizione dei cafoni in Abruzzo durante il fascismo – quando le squadracce fasciste aggiungevano la violenza alle prevaricazioni economiche da parte dei proprietari terrieri e dei borghesi – l’immagine dei contadini di Fontamara e della loro vana lotta per le acque di un ruscello è il paradigma di tutti gli oppressi e, soprattutto, delle popolazioni rurali arretrate di tutto il mondo, il Sud del mondo sfruttato, per i quali, come scriverà in Vino e pane “lavorare ogni giorno la terra è un vero castigo di Dio”.
La tenerezza condita di affettuosa ironia verso l’ingenuità dei cafoni e la pietà per le angherie da loro subite, sarà, in seguito, una costante nei libri di Silone.
Nel romanzo si segue la vicenda del giovane Berardo che fino a quando vive nel paese è l’unico che non si fa i fatti propri, ma poi cerca invano di trovare lavoro per farsi finalmente i fatti propri. Berardo, che per le leggi fasciste non riuscirà neppure a fare l’operaio in città, incontra il Solito Sconosciuto, giovane militante clandestino antifascista, attraverso il quale Silone sembra ripercorrere episodi del periodo in cui si spostava tra Roma e l’Abruzzo – lui che conosce bene la strada di Fontamara – prima di andare in esilio. Il Solito Sconosciuto, che conosce le regole della vita cospirativa, cerca invano di mettere in guardia il più ingenuo Berardo dagli inganni polizieschi, in un tentativo palese da parte dell’autore di forzare il tempo e lo spazio per impedire al fratello minore di lasciarsi ingannare e catturare dalla polizia di regime. Berardo decide invece che è meglio tornare a non farsi i fatti propri, e, facendosi passare per il Solito Sconosciuto, si sacrifica con la speranza che il suo sacrificio possa smuovere le coscienze dei contadini dalla loro passività secolare.
Le vicissitudini, le origini familiari, il carattere, l’aspetto e la forza fisica, l’orgoglio, la prigionia, le torture ed infine la morte in giovane età di Berardo riportano in toto al fratello di Silone.