Identità di Ignazio Silone

Identità culturale:  socialismo cristiano e antiburocratismo

Vorrei iniziare con un brevissimo brano di Silone, tratto da Tempo Presente:

 

Ricordo ancora con emozione la prima volta che vidi in mano a un operaio un giornale con una testata per me nuova, e la conversazione che ne seguì. (Mi trovavo con mia madre in quella parte di Pescara che allora si chiamava Castellammare ed era in corso la guerra italo-turca per la Libia, avevo dunque 11 anni).  “Cos’è quel giornale?” domandai all’uomo, un ferroviere, che sedeva con noi attorno a un tavolo.  “E’ l’Avanti!” mi rispose.  “L’unico giornale che dica la verità” aggiunse con semplicità, come un fatto ovvio e risaputo.  Volsi lo sguardo sugli altri presenti, compaesani non socialisti, né minimamente interessati alla politica, ed essi annuirono.  Una tale diffusa fiducia, quale capitale prezioso doveva essere per un giornale e un partito, e quale terribile responsabilità.

 

Silone  scoprì l’Avanti da ragazzo, nel 1911, mentre era insieme alla madre, giovane artigiana,  e ad altri paesani.  Come ricordava mia madre, cugina di Silone, l’Avanti veniva letto in famiglia.   Ma già quattro anni prima Silone aveva sentito il padre difendere il deputato democratico Scellingo tra i compaesani e i parenti,  e proporsi come suo supporter tra i cafoni, nonostante l’invito a non esporsi troppo da parte dei suoi fratelli maggiori, consiglieri comunali.

 

Questi sono solo alcuni degli episodi e delle memorie familiari  che mostrano la presenza attiva della famiglia  nella formazione dell’identità culturale di Silone.  Altresì,   l’istintivo atteggiamento “antiburocratico” di Silone  nasce dalle convinzioni  su magistrati,  funzionari regi e preti,   correnti nella sua famiglia  oltre che  nei compaesani amici e nelle “Confraternite” dei cafoni intrise di democrazia medievale.

 

Si può ben dire che la matrice del  socialismo cristiano di Silone sia un  importante retaggio familiare:  il socialismo cristiano di Silone  è nel suo DNA.

 

Questa identità culturale si aggiornerà nelle scelte di vita, anche attraverso errori di valutazione (ad esempio i Soviet) che all’inizio (negli anni Venti) Silone vede come “una forma originale aperta libertaria non burocratica della nuova società, una forma aderente alla base”, e che poi negli anni Trenta gli ispira “repulsione e disgusto” contro “la crescente degenerazione tirannica e burocratica dell’Internazionale comunista”.  Come rileva Sergio Soave nel libro Senza tradirsi senza tradire, Silone, nella sua opera più esplicitamente politica,  La scuola dei dittatori,  indica come antidoto alla dittatura, “la semplice, elementare scuola della partecipazione e dell’autogoverno, attraverso cui gli uomini …capiscono che è pericoloso e dannoso demandare ad altri (uomini o apparati elitari che siano) le chiavi del proprio destino.

 

Il  pensiero   di Silone, pur confrontatosi negli anni con Bruno Rizzi, Angelo Tasca,  fino al movimento del ’68 in Francia,  si è pur sempre mosso lungo una faglia che trova radici nella sua famiglia d’origine e nei valori che di essa egli ha ritenuto di non dover scartare.  E’ la cifra che resta infatti in tutti gli sviluppi successivi dell’uomo, del politico e dello scrittore che impegnerà  tutta la vita in un incessante messaggio socialista libertario.

 

Ad esempio, riassumendo dai suoi libri, Silone passa dalle lotte sociali dei cafoni marsicani  sublimate  nel romanzo ferocemente antifascista Fontamara,  alla piccola comunità spontanea nel Seme sotto la neve,  poi all’aspirazione ad una società utopica in  Una manciata di more;  per poi alla fine della vita  riprendere, come in un cerchio perfetto, i temi originari di sempre, attraverso l’utopia della confraternita di  fraticelli dell’Avventura di un povero cristiano.

 

 

Identità culturale presa a martellate  (permutatio memoriae)

 

Ma un bel giorno,  circa dieci anni fa,  si è iniziato a prendere a martellate questa identità culturale e, con essa, la figura morale  di Silone.   Sono più di dieci anni che ci viene restituita a pezzi  l’immagine di una vita come  “simulazione permanente”:  Silone avrebbe finto di essere antifascista, avrebbe finto di essere socialista, avrebbe finto di essere  comunista poi avrebbe finto di essere anticomunista, infine  avrebbe finto di essere uno scrittore.

 

Giuseppe Tamburrano, con Giovanna Granati e Alfonso Isinelli,  ha fin dall’inizio combattuto tenacemente contro le accuse a Silone di essere stato una  spia dal 1919  al 1930,  ed è riuscito a dimostrarne l’innocenza nel libro Processo a Silone.

 

Se Silone ha cercato di aiutare il fratello inviando per un breve periodo  notizie decotte, di poco valore, mettendosi una maschera, questo gli fa onore.  Per il fratello ha fatto un’opera di coraggio, spinto dal profondo affetto che li univa,  al solo scopo di salvargli la vita.

 

A  proposito delle accuse rivolte a Silone,  Alessandro Bresolin nel libro Silone: Le cose per cui mi batto, scrive:  “Oltre all’affetto per il fratello, che certo dovette avere un ruolo, c’erano anche le ragioni del servizio di controinformazione del Pcd’I, come ha sottolineato Andrea Ermano, attuale direttore dell’Avvenire dei lavoratori:  “In realtà  sul versante “spionistico” l’unico fatto storico accertato è che l’accusato diresse la rete clandestina del Pcd’I durante gran parte degli anni Venti.  In altre parole, lo specifico, quotidiano compito di Ignazio Silone fu per lungo tempo quello di depistare, tenere in scacco e neutralizzare la polizia di regime.  E, a giudicare dai risultati, svolse tale compito in modo efficace.  Tant’è che ancora nel 1931 Alfred Kurella, già segretario generale dell’Internazionale giovanile comunista, solo di Silone si fidò e proprio a lui si rivolse per pianificare una lunga missione in Italia, dalla quale nacque un libro dal titolo Mussolini ohne Maske (Mussolini senza maschera)”.

 

Ma c’è dell’altro.  Come parente di Silone, sento il dovere di richiamare l’attenzione su un’altra mistificazione ai danni di Ignazio Silone.

 

 

Identità psicofisica presa a martellate (depravatio corporis)

 

Da più di dieci anni anche l’identità psicofisica di Silone viene presa a martellate e sfregiata, al fine di restituirci l’immagine di un essere complessato e  debole di carattere,  che odiava il padre, aveva gravi problemi mentali, era vittima di una doppiezza patologica ereditaria e soffriva di  vistose devianze.

 

Noi parenti, e ovviamente non solo noi, conosciamo episodi pubblici e privati della vita di Silone (nell’infanzia, adolescenza, giovinezza fino alla maturità ed alla vecchiaia)  che mostrano anche ad un cieco e sordo il carattere forte e indipendente di Silone:  Silone è stato un militante politico rivoluzionario tanto tanto arrabbiato.  Non è mai stato un povero orfanello in cerca di un padre.  Silone è stato non solo un attivista rivoluzionario in grado di sopportare le privazioni della clandestinità fino alle prigioni dell’epoca, ma anche un grande  teorico politico (a questo proposito, oltre agli scritti di Silone stesso,  basterebbe leggere il già citato libro di Sergio Soave).

 

Il lato oscuro,  e oscuro  a tutti,  sarebbe servito a nascondere le tendenze “perverse,  schizoidi” che   avrebbero reso Silone capacissimo di perpetrare gli atti malvagi connessi alla “simulazione permanente” di cui è accusato, un vero “entrista” del fascismo e del trotskismo: spia dai 19 ai 30 anni, cioè spia della polizia regia mentre fingeva di essere socialista, poi spia dei fascisti mentre fingeva di essere comunista, anzi “il più terribile spione annidato nel Pcd’It.” secondo Biocca e Canali.

 

Come si è arrivati a restituirci questa immagine di Silone?

 

Sono state diffuse, in Italia ed all’estero,  informazioni distorte,  ambiguità,  sono stati distillati veleni sull’uomo Silone,  dando in questa maniera una notevole mano all’ accusa Silone=spia soprattutto presso coloro che non conoscono la vita e non hanno letto Silone.  Cito un  esempio concreto:  l’incessantemente ripetuta identificazione di Silone nel personaggio di Murica,  che non ha assolutamente nulla di riconducibile a Silone,  nè   l’ambientazione familiare, né gli studi, né la vita politica e privata,  è stata un’operazione  pilotata,  costruita in malafede,  per trarre in inganno  chi non conosce la vita, non ha letto  gli scritti di Silone e non conosce i personaggi delle sue opere.

 

Citerò alcuni esempi di queste  informazioni distorte  che hanno contribuito alla montatura.

 

Veleni italiani

 

  1.   Nel 1999 Mimmo Franzinelli scrive in un importante libro sull’OVRA  che Silone   aveva  una “personalità di ardua decifrazione”; era già tormentato dai sensi di colpa a 16 anni”;  aveva in comune con “il protagonista double face” del Seme sotto la neve Pietro Spina una   “malattia sottile che minaccia di degenerare in pazzia”.

Non è vero.  La pazzia di cui Silone scrive insistentemente in libri e saggi non è chiaramente da intendersi in termini medico psichiatrici ma è quella del rivoluzionario,  dell’uomo che va controcorrente (qualche esempio di cosa chiaramente intenda Silone tra i numerosissimi che troviamo nei suoi scritti:  Fra Celestino,  che “arriva a cavalcioni di un asino, col re da una parte e il principe ereditario dall’altra, è un pazzo”;  il protagonista di Ed egli si nascose “è un pazzo, perché  solo un pazzo poteva lasciarsi tutto alle spalle per inseguire un’utopia”; e tanti altri).

 

Lo stesso storico scriverà nel 2000 su un importante quotidiano di una “doppiezza di Silone spinta sino ai confini della dissociazione”,  di un Silone affetto da “sdoppiamento della personalità”.

Non è vero.  Lo storico non dispone di documenti sanitari.

 

  1. Tra le mistificazioni sul carattere di Silone da parte dei due principali accusatori, Dario Biocca e Mauro Canali, (nei cui libri traspare non la freddezza della ricerca, ma un evidente ”tono di disprezzo verso l’autore di Uscita di sicurezza”,  come nota Alessandro Bresolin nel libro già citato) mi limito a menzionarne   solo un paio e di certo non le peggiori:

 

“Nel 1924 si sottopone ad una prima terapia psicologica”(2000).  Non è vero. E’ del tutto implausibile per un giovane dirigente del movimento operaio in lotta anche fisicamente con le squadracce fasciste.

 

“La sua riservatezza è segno di dimensione segreta, indecifrabile, quella di un uomo che aveva colpe da nascondere e segreti inconfessabili”Dobbiamo concludere che gli abruzzesi, notoriamente di poche parole e  riservati,  sono tutti o spioni o pazzi o malvagi o le tre cose insieme.

 

  1. Il giovane parente di Silone  confidente degli inquisitori fin dall’inizio nel 1996,   dichiara coram populi,  a più riprese,  mucchi di falsità in appoggio alle accuse.   Alcuni esempi:

Silone è “vittima di un gioco più grande di lui,  Silone è “segnato da un vissuto forse torbido(1998);  Silone “ha chiuso il rapporto con l’OVRA, nella primavera del 1930, perché il gioco rischiava di farsi sporco, senza curarsi di abbandonare così  il fratello al suo destino(1999);  Il rimorso che Silone manifestava nei riguardi del  fratello era chiaramente sospetto(2000) e così via.

 

  1. Romolo Liberale ha scritto su una rivista dedicata a Silone (1998) che la cancellazione del nome del fratello (che appariva originariamente insieme al nome di Gabriella) dalla dedica di Fontamara nelle edizioni successive uscite in Italia, rientrerebbe nel quadro della “negazione del fratello” da parte di Silone.

Non è vero. Il motivo semplice era ben conosciuto in famiglia:  Silone,  dovendo cancellare il nome di Gabriella perché richiesto da una persona gelosissima,  non volendo offendere la dolce compagna della militanza politica attiva, dovette cancellare del tutto la dedica.

 

Lo stesso, nel 2000,  a proposito delle accuse a Silone spia,  pubblica un commento della scrittrice irlandese Julia O’Faolain:  “Silone è uno che ha un terribile segreto da custodire:   questo spiega la sua cupezza”.

Non è vero. L’accusa a Silone è basata su un pettegolezzo,  senza alcun riscontro.

 

 

  1. Veniamo al presunto caso di pazzia che agli inizi del 1900 sarebbe stato riscontrato in un lontano parente di  Silone (ma i documenti cui si riferiscono gli accusatori parlano di epilessia:  e non è la stessa cosa) alla cui scoperta si è lanciato solertemente, fin dal 2000 Diocleziano Giardini, della stessa contrada di nascita di Silone.  Finalmente la prova che Silone era pazzo!

Si tratta di un’accusa gratuita senza alcun valore scientifico alla luce delle conoscenze psichiatriche attuali   È un’accusa falsa perché non in connessione diretta con Silone e che risente di una visione vetusta della psicogenesi dei disturbi psichici: nei disturbi mentali  non è dimostrata l’origine genetica.  Ma veniamo ai  documenti cui si fa riferimento:  in essi  si specifica trattarsi di epilessia:  e allora  l’epilessia è un fatto neurologico, si tratta di una lesione fisica non di natura psichiatrica. Chi può negare che  agli inizi del ‘900,  quando si facevano tanti figli ed i parti erano spesso fortunosi,  un neonato potesse riportare danni di natura neurologica.

Non esistono nella maniera più assoluta malattie ereditarie fisiche o mentali nella famiglia di Silone.  

 

Veleni  anglosassoni

 

Soprattutto nei paesi di lingua inglese si diffondono veleni  su  squilibri mentali di Silone.

 

  1. Lo scrittore australiano Peter Coleman su The Republic of letters, nel 2004,  dopo aver raccontato  del presunto “mariage blanc”  di Silone,  riporta  frasi così come gli sono state riferite:   “era così doppio da essere capace di scrivere lettere e farmele  firmare”  e poi  “non c’è una sola verità su Silone, soltanto molte verità.  Era folle”.

Non è vero niente.

 

  1. Anche l’italianista americano Stanislao Pugliese nel 2005 ha reso pubblica la confidenza ricevuta: “Silone è stato tutt’altro che un marito ideale e le lettere ritrovate da Biocca e Canali possono benissimo essere sue”.

Il medesimo Pugliese, nella traduzione americana del  Memoriale dal Carcere Svizzero,  riporta l’informazione ricevuta durante un’intervista a Roma nel 2000: “Silone aveva tentato il suicidio molte volte durante la sua vita e  durante il  matrimonio più di una volta aveva minacciato di uccidersi.

Non è vero.    Silone stesso scrive a più riprese, ad esempio nella Scelta dei compagni che risale al 1954,  come non condivise e mai avrebbe  condiviso il nichilismo di tanti compagni e intellettuali che sceglievano la via del suicidio.

 

  1. Ancora:  Alexander Stille, nella prefazione al volume The Abruzzo Trilogy, uscito in America nel 2000 ritiene Silone colpevole sulla base del fatto che “non ne aveva mai fatto cenno a chi gli stava vicino”.  Bella prova!

 

  1. Una  studiosa nordamericana, Elizabeth Leake,  che dichiara apertamente di aver preso informazioni in Italia dal giovane  parente confidente,  scrive di un Silone “naturalmente malvagio”,  con “tare mentali e fisiche ereditarie”,  traumatizzato e “sull’orlo del suicidio per aver dovuto rompere il rapporto  (si mormora fosse erotico) con il commissario Bellone”.  Morti “i genitori che odiava”, morto il fratello “nella cui fine avrebbe avuto un ruolo ambiguo”,  “finalmente senza testimoni della sua passata gioventù malvagia”, in Svizzera decide di reinventarsi una nuova identità creando attraverso le opere un Silone fittizio con cui esaltarsi.  Dopo alcuni romanzi  scrive una falsa autobiografia, Uscita di sicurezza,   in cui copia le versioni della vita che si era inventato per i suoi romanzi.

 

La narratrice scrive che “la sinistra americana,  che si ritiene ingannata dalle falsità di  Silone,  ripudia non solo l’uomo ma anche le opere”, e in Inghilterra, in Canada, in Australia, in Irlanda si riconosce finalmente che l’ignobile Ignazio, che godeva della stima di mezzo mondo, ha commesso cose ripugnanti”.

Questo pamphlet è stato recensito favorevolmente persino sul Times Literary Supplement, ed ha ricevuto anche un premio all’estero.

Nulla corrisponde al vero nell’analisi fantascientifica della Leake:  una lista dei numerosissimi  errori circa date e circostanze della vita di Silone da parte della Leake,  si trova sul sito web www.amici-silone.net. (Vedere “Silone reinvented”).

 

 

Vita intima e psicoanalisi:  rettifiche

 

L’immagine intima e personale di Silone è stata deformata sulla base di informazioni disvianti.

 

  1. Silone e la sua vita intima.

 

Ho dato nel sito web (Vedere “Il filo della vita”), oltre che nel  libro di memorie familiari, la correzione sui suoi rapporti con Aline Valangin (già dipinti da Biocca e Canali  come: aveva due donne che tradiva entrambe, l’ha lasciata lui perché aveva già un’altra,  la Valangin lo avrebbe odiato, e così via).

Ho documentato la vera natura e le circostanze dei loro rapporti comprovate dagli scritti autobiografici della Valangin stessa, la stima e l’affetto reciproco che continuarono a nutrire fino alla morte, come quando Silone la invitava a Roma e lui si recava in Svizzera a far visita a lei ed al marito (come documentato anche in foto nel libro e nel sito web).

 

Per quanto riguarda i rapporti nel dopoguerra con Gabriella Seidenfeld,   Silone  e Gabriella  continuarono ad essere legatissimi, ed i loro rapporti affettuosissimi: lui aiutava anche finanziariamente la compagna degli anni in cui avevano condiviso stenti.

 

 

  1. Silone e la psicanalisi.

 

In Svizzera, la patria di Jung,  Silone frequentava  circoli di psicanalisi allora centri di intellettuali  (come documentato da Franca Magnani nel libro Una famiglia italiana). Se nei primi anni in Svizzera, politicamente sconfitto,  senza lavoro, senza rete, in un ambiente sicuramente  socialmente più elevato,   ha parlato con uno psicologo, ha fatto una qualche terapia psicanalitica,  negli ospedali in cui era ricoverato per le malattie polmonari, non è stato perché era pazzo, altrimenti non l’avrebbe fatta:  era per farsi aiutare a sopportare i problemi:  sapeva delle torture al fratello, perché gliele facevano sapere.

 

Nello stesso periodo in cui fu in Svizzera, Silone frequentava oltre i circoli di psicanalisi anche gli architetti della Bauhaus:  non è ancora venuto in mente a qualcuno di accusarlo di progettare speculazioni edilizie.

 

Veleni disvelati

 

Ma come sono nate  le allusioni a presunte malattie mentali,  devianze?

Posso dire  che queste  sono  nate dal concorso di due fonti e  sono essenzialmente di due tipi.

 

In Italia ha operato,  tra l’altro, il  complesso dei beneficiati verso il benefattore  perché ritengono di non aver avuto sufficienti benefici.

Quelle all’estero, nate da pettegolezzi raccolti in Italia presso chi ha sempre odiato Silone, si nutrono dei  pregiudizi di alcuni intellettuali anglo-sassoni che ritengono di poter  ritrovare in  uno scrittore latino le ambiguità  di alcuni scrittori nord-europei del ‘900.   Il lago del Fucino, la terra promessa di Fontamara,  non sarà mai un lago celtico con tanto di mostro di Lockness.

I viaggiatori anglo americani si sono presi a Roma, non solo le patacche del Colosseo, ma anche la  patacca del Silone malato mentale.

 

Un accenno ai silenzi di Silone su cui si è molto arzigogolato.  E’ vero, Silone non amava discorsi inutili – anche se nei romanzi si lascia andare a lunghi dialoghi attraverso i personaggi.  Attraverso Pietro Spina spiega perchè apprezza “il silenzio dell’asino Cherubino”:  “per l’amore e l’ammirazione che ho sempre professato verso il tacere in generale:  la sua  non è indifferenza, bensì riservatezza”.

 

E’ innegabile che, nelle occasioni in cui ho frequentato Silone, quando le persone intorno a lui parlavano inglese, lui quasi non apriva bocca.  Parlava francese, spagnolo e tedesco, ma poco l’inglese.  Aveva sempre l’aria di uno che si sforzava di essere presente e basta.  Posso testimoniare che in qualche occasione,  lasciava persino che io discorressi con i suoi ospiti di lingua inglese, anche se non ero affatto all’altezza delle persone che frequentavano la sua casa (ricordo una conversazione con Mary McCarthy,  con Silone vicino che se ne stava zitto zitto con una cert’aria ironica,  benchè all’epoca non avessi letto i  libri della McCarthy e non conoscessi la sua vita e la sua attività politica – chissà le sciocchezze che ho detto).  Ma non appena si parlava in italiano, se si sentiva tra amici, Silone se ne usciva spesso  con storie divertenti.  Dell’umorismo di Silone dà un’ampia testimonianza il grande italianista William Weaver nell’introduzione al libro “Open city”, uscito in America nel 1999.

A proposito, un’altra distorsione sul carattere di Silone.    Viene spesso citata la definizione di Weaver su Silone visto come “man of sorrows”, a riprova di un carattere cupo, depresso.  La frase intera ha ben altro significato:  “l’apparire di Silone a volte come un man of sorrows  non era per  autocompatimento ma in senso puramente cristiano” (New York Review of Books,  marzo 2002). (Vedere “Press Review”).

 

*

 

Qualcuno dice che l’uomo Silone tornerà a “splendere” integralmente…fra cinquant’anni.  Noi parenti non possiamo aspettare così tanto perché sia restituito a Silone  il suo “onore d’uomo che,  come  Daniele della Volpe e le camelie,  Silone aveva riposto nelle sue idee e nella sua vita”.

 

Noi parenti riteniamo che non si debba attendere affatto perchè si ponga finalmente fine a questo gioco al massacro da parte di chi è cieco e sordo, perché non vuol vedere e sentire,   e abbia così finalmente termine la nostra  profonda giustificata indignazione.

 

Maria Moscardelli

Contributo alla Giornata di studio (L’Aquila,  18 marzo 2006):   Silone aveva ragione: l’attualità del pensiero dell’intellettuale socialista che per tutta la vita ha lottato contro il fascismo e contro il comunismo.