L’intreccio delle vicende vissute e delle opere letterarie

Ignazio Silone, Zurigo, 1942

            Considerate le circostanze in cui Silone si trovava quando iniziò a scrivere Fontamara,  si potrebbe dedurre che la spinta iniziale  a scrivere un romanzo fosse quella di spersonalizzarsi nell’arte.    In realtà la sua vicenda personale era troppo preponderante perché  non si ispirasse ad essa,  usandola  per spiegare le proprie motivazioni personali e ideologiche  o  per comunicare un messaggio,    come quando mette in “romanzo” la realtà contadina del mezzogiorno d’Italia sotto il fascismo o la vicenda di un dirigente poi divenuto eretico del partito comunista.

Vita vissuta e progetti politici sono i principali, se non gli unici fili, di cui sono intessute le opere di Silone.  Ma c’è di più, esse stesse, nel loro complesso, costituiscono un’unica ininterrotta narrazione, in cui l’autore traccia un’autobiografia letteraria all’interno di una sequenza cronologica,  con una trama che corre parallela agli episodi reali della sua vita e alle “svolte” politiche.

Lo stile spoglio e la forma oggettiva del dialogo, frequentemente adottato nel testo, celano il substrato altamente autobiografico,  in una sorta di intrinseca  liricità di vicende intime e ragionamenti politici che sono alla fine compiutamente sintetizzate nell’ultima opera L’avventura di un povero cristiano, dove sfociano in una forma teatrale, ricalcata sulle laudi medievali.

Nelle opere di Silone si possono ritrovare e  seguire cronologicamente le vicissitudini autentiche e i moti dell’animo dell’autore, lungo tutta la sua vita.